Anche nella bolla di Papa Clemente III (1188) si trova la medesima denominazione “in Alto di Sanctae Mariae”, costituente il “castello” più ricco di chiese di tutta la Marsica. Un terzo documento, del 5 agosto 1287, è costituito da alcuni “Statuti e Capitoli” redatti dal Preposto di S. Maria in Cellis e da Bartolomeo “di Alto di Santa Maria” probabile indizio dell’appartenenza di questa chiesa a Montecassino. Presso la chiesa di S. Maria doveva esistere un monastero, dal momento che in un “Codice delle decime” dei primi anni del XIV secolo appare la seguente dicitura: “In Alto Sanctae Mariae e Monasterio de Alto Santae Mariae cere libras quatuor”. Nel suo territorio, si trova già un “Hospitale” e ben nove chiese: S. Quirico, S. Giovanni di Casa Vetrana, S. Marcello, S. Nicola, S. Lucia, S. Andrea di Canneto, S. Giusta, S. Maria, S. Benedetto. Un quinto documento è del 1372: si tratta di un’altra bolla pontificia, redatta ad Avignone da Gregorio XI. Infine, ancora con il medesimo nome, il paese viene citato nell’elenco dei feudi che nel 1445 il re Renato d’Angiò concesse agli Orsini, nelle cui mani vennero unificati i contadi di Albe e Tagliacozzo. Qualche anno dopo, il nome appare modificato in quello attuale di Sante Marie, è precisamente in un “diploma” del re Federico d’Aragona (anno 1492), allorquando le due contee riunite presero definitivamente la denominazione di “Stato di Tagliacozzo”.
Sul piano dell’organizzazione ecclesiastica, Sante Marie era ancora divisa, nei primi anni del Cinquecento, nelle tre parrocchie di S. Maria, S. Nicola e S. Marcello. La loro aggregazione in una sola parrocchia effettuata nel 1580, con apposita bolla, dal Vescovo Matteo Colli , che attribuì alla chiesa di Santa Maria non solo i beni delle altre due ex-parrocchie, ma anche quelli di tutte le chiese dirute esistenti nel territorio circostante. Nel Seicento, la chiesa parrocchiale, acquista il patronato del principe Filippo Colonna che durerà fino al 1806, anno dell’abolizione dei feudi per decreto di Giuseppe Bonaparte. Verso la seconda metà del XVII secolo, Sante Marie, con i suoi seicento abitanti, rende più funzionale e accogliente il suo antico “hospitale” per il ricovero e l’assistenza dei poveri e dei viandanti, con un unico divieto quello, cioè, di ospitare gli “zingari”. Inoltre, sempre nel XVII secolo, la popolazione maschile era equamente distribuita fra le tre confraternite del paese: quella del SS. Sacramento, quella dello Spirito Santo e quella del SS. Rosario; tutti vivevano intensamente alcuni momenti religiosi nel corso dell’anno, sempre intimamente connessi con l’attività agricola. Se la struttura ecclesiastica di Sante Marie e la religiosità dei suoi abitanti non mutano sostanzialmente nei secoli successivi, quella civile comincia invece a subire trasformazioni già verso la fine del Seicento e gli inizi del Settecento. E’ documentata, infatti, l’esistenza dei “Massari”, ossia dei sindaci, liberamente eletti dalla popolazione riunita in pubbliche assemblee o “parlamenti” annuali. Il loro compito era quello di controllare il buon andamento della vita cittadina, il rispetto delle norme fiscali, le offerte di lavoro che pervenivano da altre “università” o dallo Stato Pontificio. Tutti i documenti (dal Seicento al primo Novecento) mostrano una popolazione in massima parte dedita all’agricoltura o a lavori stagionali nell’Agro Romano. Da uno “stato delle Anime” del 1850, ben 839 erano contadini braccianti, e solo 145 contadini possidenti. Un numero trascurabile era costituito da “artisti e domestici”.
Verso la seconda metà del XIX secolo, per la costruzione della ferrovia Roma-Sulmona, Sante Marie cresce demograficamente, nonostante che sia sempre soggetta a una forte emigrazione stagionale.
La mancanza (fino a tempi abbastanza recenti) di una rotabile, l’isolamento secolare, il terremoto del 1904, l’emigrazione continua, la miseria del dopoguerra, il forte decremento demografico di questi ultimi anni hanno costituito elementi frenanti di uno sviluppo economico e turistico, che pur sarebbe auspicabile per il paese e per tutta la Marsica.